Riduzione dell’assegno di mantenimento al coniuge costretto ad una gravosa locazione
La Suprema Corte inoltre in una recente sentenza ha segnalato che è legittima la riduzione del mantenimento del figlio a carico del divorziato che vive in affitto con la nuova famiglia. E’ infatti impossibile ignorare il peso del canone sull’onerato, che ha diritto a un tenore di vita corrispondente al reddito. Ed infatti il mantenimento non può salvaguardare soltanto le esigenze primarie dell’obbligato ma deve assicurare una capacità patrimoniale che gli consenta un tenore di vita pari al proprio reddito. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l’ordinanza 11438 del 22 maggio 2014, ha accolto il ricorso di un padre divorziato contro la decisione della Corte d’appello di Bologna che ha disposto l’affidamento condiviso dei figli e ridotto il contributo a 950 euro mensili per ogni figlio ponendo a esclusivo carico del padre le spese mediche per la cura della dislessia di uno dei piccoli.
Il Giudice di Appello infatti ha omesso di valutare la nuova situazione familiare del padre e le concrete conseguenze sul suo reddito della locazione di una abitazione per sé e per la nuova famiglia che ha costituito dopo la separazione. Nel particolare, il canone di locazione di 1.200 euro mensili che, sulla base del criterio del 50 per cento del reddito disponibile, adottato dalla Corte di appello, avrebbe dovuto portare a una liquidazione di 1.400 euro mensili a titolo di assegno di mantenimento dei figli anziché di 1.900 euro.
Da qui il principio di diritto l’assegno di mantenimento non può limitarsi a salvaguardare le esigenze primarie dell’obbligato ma deve comunque assicurare una capacità reddituale e patrimoniale tale da consentirgli un tenore di vita tendenzialmente corrispondente al proprio reddito. Insomma, ricorso accolto visto che va valutato anche il peso economico della nuova famiglia quando si determina l’assegno per il figlio.